Dall’inizio di Ottobre potete trovare in ogni store, in entrambi i formati digitale e cartaceo, il primo libro dedicato alle indagini di Sorella Febe, una giovane e coraggiosa suora angelica che vive nella Cremona del Seicento. E se mai vi fosse venuta voglia di venire a vedere i luoghi di cui la nostra protagonista parla, ecco una curiosità da una cremonese doc come me.
La Negromante non è ambientato esattamente in città, bensì nella campagna alle porte della Fedelissima, nomignolo dispregiativo con cui era famosa Cremona, la più importante realtà urbana lombarda dopo Milano considerato il suo rapporto privilegiato con i dominatori spagnoli dell’epoca. Sorella Febe, tuttavia, non manca in ogni occasione di sottolineare quanto sia una cittadina colta e raffinata, nonostante sia del tutto priva di interesse verso la propria agiata condizione sociale: scrive poco il dialetto, ma lo capisce e ricorda le leggende della sua infanzia. E se mai vi capitasse di sentirlo parlare dai cremonesi, un vecchio adagio potrebbe contagiarvi pericolosamente: Turoòn, Turàs, Tetàs (poi sostituito da Tugnàs, vedremo il perché). Queste sono le famose tre T di Cremona.

Turoòn è il torrone cremonese. Da secoli molte regioni si contendono la sua ricetta, mentre il cremonese difende a spada tratta il suo con tanto di festival dedicato e due negozi storici che WIlly Wonka invidierebbe, ma mettiamola così: da cremonese, non mi permetto di giudicare il torrone altrui, ma questo è mio ed è una specialità locale che vale la pena di provare. Se volete sfidare i vostri denti, naturalmente, perché il torrone cremonese è duro e a base di mandorle e albume d’uovo cotto. Deve il suo nome proprio al Torrazzo e nacque in occasione del matrimonio tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza nel 1441.
Turàs è il Torrazzo, la torre campanaria in muratura più alta d’Europa. Con i suoi 112 metri e poco più e ben 502 scalini alti a chiocciola, pronti dal XIII secolo a distruggere rotule e menischi di tutto il mondo, è il simbolo della città e ci saluta tutte le mattine con la sua campana e la sua corona che svetta nel cielo, vera e propria bussola per chi manchi di orientamento. Ha anche uno splendido orologio astronomico e la palla d’oro in cima alla torre conterrebbe un frammento della croce di Gesù Cristo e altre reliquie di santi non specificati; alcuni sostengono vi siano state trovate ossa di leone, animale simbolo della città, altri che sia un oggetto ricorrente nella storia medievale cittadina a partire da un eroe locale, Giovanni Baldesio detto Zanèn de la Bala (Giovannino della Palla), che pagò la libertà di Cremona al sovrano francese Enrico IV con una palla d’oro.
Tetàs… beh, mi sembra abbastanza chiaro cosa possa significare. Le donne lombarde, diceva il Manzoni, erano famose per la bellezza prorompente: in questo, le donne cremonesi pare fossero delle vere campionesse e se un uomo desiderava una madre prolifica per i suoi figli e una sana e robusta costituzione nella futura moglie, non aveva che da andare a Cremona. Peccato che con le generazioni il dono della beltà giunonica venne perduto a favore di un aspetto più omologato al resto delle italiane, che sappiamo tutti essere le donne più belle del mondo, naturalmente. Ma i cremonesi non si arresero, se le T erano tre tali dovevano rimanere. Fu dagli anni ’80 circa dunque che la terza T divenne Tugnàs, ovvero Ugo Tognazzi, il famoso attore di Amici Miei, Il vizietto e I nuovi mostri, ma anche molti altri.
Spero che vi sia venuta un po’ voglia non solo di leggere la storia di Sorella Febe, ma anche di visitare la mia bella città, che, vi assicuro, garantisce cibo, bellezza e… misteri!
Un abbraccio,
Laura Pegorini
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